Come promesso qualche giorno fa, questa è la traduzione dell'intervista rilasciata da Robin Gibb ad Alex James dei Blur per il numero di novembre della rivista britannica "Q". La traduzione dovrebbe essere al 95% fedele, anche se in alcuni passi mi sono chiesto: ma che cavolo si stanno dicendo?
Massimo.
Robin Gibb abita in un posto che solo una pop star di enorme successo potrebbe possedere…
in mezzo alla campagna dello Oxfordshire, un tempo era una scuola per monaci;
potrebbe assomigliare, internamente ed esternamente, ad un qualsiasi prestigioso college di Oxford.
C’è una piccola cappella con due statue di legno rappresentanti altrettanti cani a grandezza reale (foto a tutta pagina di Robin con le statue ndr). Nel parco, l’erba del prato è stata falciata, le rose potate.
Due veri cani, grandi come asini (!) sono di guardia. Il sole splende, una luce che fa quasi male.
Le case di chi è ricco all’inverosimile spesso sembrano hotels di lusso, ma in questo caso parliamo di una vera casa: calda, meravigliosa, con strumenti (?) e comodi sofà.
Quale componente dei Bee Gees, il cinquantasettenne Robin Gibb ha avuto hits disseminate su cinque decadi, superato in questo dai soli Cliff Richard ed Elvis Presley.
Il trio ha segnato il mercato con le sue melodie anni ’60 e con le canzoni scritte per Barbra Streisand, Diana Ross e Dolly Parton. Ma è stato soprattutto con la voce in falsetto dell’era disco che il nome Bee Gees ha lasciato il segno: “Saturday Night Fever” ha venduto più di 40 milioni di copie nel mondo.
Gibb mi appare più giovane di quanto mi aspettassi: è magro come un santo. Mi stringe la mano e mi fissa: uno sguardo calmo ed esuberante allo stesso tempo. Mi appare come una persona delicata, quasi umile, come magari non ti aspetti da chi è abituato a frequentare chiunque, dalle stars dei reality-shows (ha collaborato con Alistair Griffin, finalista a “Fame Academy”) ai politici (celebre la vacanza di Tony Blair nella sua casa in Florida nel dicembre 2006).
ALEX JAMES: “Ciao Robin. Il tuo manager mi spiegava che ci sono delle “ley lines” nel giardino… Che diavolo è una “ley line”?
ROBIN GIBB: “Si ritiene che siano linee magiche. Nell’antichità le persone costruivano case dove c’erano “ley lines”. Tutte le chiese della zona sono costruite in presenza di “ley lines”. Non ho idea di come le trovavano. Sono legate al magnetismo terrestre, mia moglie ne sa più di me.”
ALEX JAMES: “Di tutti i posti dove pensi di scovare un Bee Gee, perché proprio un monastero?”
ROBIN GIBB: “E’ tutto molto naturale: Qui puoi essere te stesso; mi piace perché è rurale, è nella campagna. Ho provato ad abitare in posti differenti , negli anni. Los Angeles e New York sono grandi luoghi per lavorare ma credo che, come Britannico, di poter vivere solo qui. E’ un fatto culturale: credo ancora che la Gran Bretagna possa guidare il mondo dal punto di vista artistico.”
ALEX JAMES: “Beh, in quanto a questo, direi che hai fatto il tuo dovere…”
ROBIN GIBB: “Mi preoccupa che non ci sia grande ispirazione o coraggio nei nuovi autori di canzoni; Stiamo vivendo la cultura dei concorsi di bellezza a causa di tutti questi reality shows, mentre i giovani musicisti non firmano contratti. Il mercato musicale non sta prendendo la direzione giusta. Credo ci sia ancora spazio per la canzone popolare, il concetto è ancora vivo; una volta ne parlai con John Lennon. Lui voleva registrare solo singoli; è una forma d’arte: i tre minuti che la gente può cantare. Ci sarà sempre spazio per le canzoni che la gente vuole cantare: guarda James Blunt…”
ALEX JAMES: “Perché vuoi che lo faccia?”
ROBIN GIBB: “Quella canzone ( “You’re Beautiful” di James Blunt…ndr) si ascoltava dappertutto; poteva essere stata composta negli anni ’60, negli anni ’70, in qualsiasi epoca. E’ qui a dimostrare che la canzone tradizionale esiste ancora.
Io e i miei fratelli iniziammo molto giovani, senza pensare al denaro che avremmo potuto fare. Ci piaceva ascoltare la radio e immaginare come sarebbe stato il prossimo singolo di una certa band… e cercare di comporlo. Non avevamo molti amici…. E l’hobby della musica poteva apparire pesante in una famiglia della classe lavoratrice. I nostri genitori facevano fatica a comprenderci. Mio padre ha fatto diversi lavori per tenere la famiglia unita. Non vivevamo nel lusso”
ALEX JAMES: “Ma avevate melodie armoniose, preziose”
ROBIN GIBB: “Cantavamo melodie senza rendercene conto. E’ stato positivo aver iniziato molto presto. Da ragazzi si è ottimisti fino alla cecità e, soprattutto, non si ha grande coscienza si se stessi; La consapevolezza di se stessi può essere un ostacolo. Si può pensare di essere migliori di chiunque altro in qualsiasi branca artistica ma c’è necessità di avere degli eroi, dei modelli che ti ispirano: a soli 21 anni andai a Nashville per bussare alla porta di Roy Orbison .... all’epoca eravamo n° 1 in America così ho pensato: “Approfittane!”
“Non ho mai imparato a leggere la musica: quando discutevamo con un’orchestra su come impostare un lavoro si parlava di quello che era giusto o meno giusto; come in occasione della stesura di “Woman in Love” per Barbra Streisand; suggerimmo all’orchestra cosa doveva fare. Qualcuno disse: “ma no! Questo non si può fare!” Ma noi siamo sempre partiti con l’idea che se suona bene, l’idea è giusta e il resto non conta. Abbiamo sempre seguito questo principio.
ALEX JAMES: “Hai lavorato con Dionne Warwick, Diana Ross e Dolly Parton. C’è qualcuno con cui non hai collaborato ma ti sarebbe piaciuto farlo?”
ROBIN GIBB: “Tutti gli artisti che ammiro, tendenzialmente, compongono da soli il proprio materiale. Mi piace lavorare coi musicisti, ma non mi sembra che ci siano grandi forze emergenti al momento (su cui concentrarmi?...ndr).
Mi piace chi sa crearsi l’occasione, chi riesce a colpire con la musica…
La settimana scorsa ne parlavo con Gordon Brown e Tony Blair (rispettivamente Primo Ministro ed ex-Primo Ministro di Sua Maestà ndr)............
ALEX JAMES: “Cavolo! Come è stato possibile?”
ROBIN GIBB: “Beh! Tony (Blair ndr) è una grande persona ed un grande appassionato di musica. Mi trovo molto bene con lui. Come pure con Gordon Brown. Entrambi amano molto la musica. Come uomini politici, tutti e due si rendono conto che la musica ha il potere di spezzare le barriere, più di qualunque altra cosa.”
ALEX JAMES: “C’è una cappella nella tua casa. Ti piace la musica di chiesa?”
ROBIN GIBB: “L’ho sempre amata, fin da piccolo. Non c’è molta differenza con la musica popolare.
Il pop è un incrocio tra musica di chiesa e music hall. Io amo anche Mozart, più di qualunque altro: Ci sono tante influenze classiche al giorno d’oggi, come non mai. La musica Folk era di capitale importanza negli anni ’60, quando tornammo a Londra… ed era allo stesso punto di quando partimmo: Bob Dylan.”
ALEX JAMES: “E’ stato un bel salto passare dal folk alla disco…”
ROBIN GIBB: “ Il progetto “Saturday Night Fever” non ci ha convinti subito: temevamo che potesse suonare come un porno-film musicale. Era un lavoro a basso costo che prendeva spunto da un articolo del New York Magazine sulle gare di danza. La Paramount ci chiese se avevamo delle canzoni per il film. Avevamo già registrato “Night Fever” e “Stayin’Alive” .
Per noi non rappresentavano dance music ma piuttosto “blue-eyed soul”. Così rispondemmo negativamente: “Non abbiamo nulla, siamo spiacenti.” In ogni caso, loro vennero ad ascoltare le canzoni e le apprezzarono. La Paramount voleva cambiare le parole di Stayin’Alive in Saturday Night (“Ah, ah, ah, ah Saturday Night, Saturday Night”); ancora, volevano che una ragazza cantasse “How Deep Is Your Love”. …. Ci hanno provato!
ALEX JAMES: “Gli anni ’70 sono stati una raffica, un’esplosione?”
ROBIN GIBB: “Sono stati eccitanti quanto gli anni ’60. C’era un’adrenalina che oggi non si avverte più. Il business della musica non conosceva ancora i propri confini o limiti.”
ALEX JAMES: “Voi sapevate dove erano questi limiti?”
ROBIN GIBB: “No. Noi eravamo più preoccupati di scoprire da dove sarebbe nata la canzone successiva. Non cercavamo agio e ricchezza dal mondo della musica. Per noi era un lavoro. Lavoravamo tanto e ci rilassavamo poco. Ma è stato un grande momento. Tutti ci vedevano al centro dell’attenzione ma noi ci sentivamo come tutti gli altri”
ALEX JAMES: “La vostra fama era immensa. Tutti avrebbero voluto esservi amici.”
ROBIN GIBB. “Non proprio. Non avevamo tutta quella visibilità che si può pensare. Non facevamo video e cose simili. Non indossavamo abiti bianchi, quelli spettavano a John Travolta.”
ALEX JAMES: “ Io ho appena comprato una scavatrice…Tu hai mai comprato qualcosa di ridicolo, inutile?
ROBIN GIBB: “Veramente non saprei. Io compro terreni, case…”
ALEX JAMES: “Quindi la risposta è no..” “Dipingi?”
ROBIN GIBB: “Dipingo e disegno. Paesaggi e volti. Ma non compro molti oggetti d’arte. Inoltre scrivo piccole storie: dovrei pubblicare in novembre tutte quelle che ho scritto negli ultimi 10 anni.
ALEX JAMES: “Tornando alla cappella…. Hai fede religiosa?”
ROBIN GIBB: “ Se ho una religione in assoluto, si tratta della musica. E’ la religione su cui mi fondo, e che mi dà conforto”
L'intervista a ROBIN GIBB su "Q" Magazine.
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